Maria Teresa Leva è uno fra i giovani soprani che si sono messi maggiormente in luce negli ultimi anni. Molti sono stati i successi conseguiti da questa artista calabrese nel corso di importanti debutti che ne hanno segnato la rapida ascesa professionale. Per questa ragione, alla vigilia di una stagione che si mostra fittissima di rilevanti impegni, fra cui spiccano nuovi esordi, riteniamo sia stimolante sapere qualcosa di più su questa intrigante cantante.
Ci racconteresti come nacque la tua passione per la musica e per il canto? La tua famiglia ha contribuito ad accrescere la tua sensibilità verso il monto musicale?
Fin da piccola ho avuto una predisposizione naturale a cantare, lo facevo ovunque, cantavo a casa, in Chiesa, con i compagni di scuola, durante le festività in famiglia… sempre! Ero una vera rompiscatole! Poi la predisposizione ha iniziato a trasformarsi in passione ed ho studiato per un paio di anni canto moderno arrivando, nel 2010, a partecipare al programma “Amici” dove, per mia fortuna posso dire, non mi scelsero!
A quanti anni ti sei detta: “voglio fare la cantante lirica”.
Credo che questa consapevolezza sia arrivata intorno ai 18 anni quando avrei dovuto scegliere se proseguire con degli studi “tradizionali” o meno. Ho preferito concentrarmi sul canto perché, per mia natura, sento di riuscire a far bene una sola cosa alla volta.
Come presero in famiglia questa tua decisione?
Diciamo che, non essendoci alcun musicista nella mia famiglia ed essendo tutte persone molto “concrete” e legate ad un grande senso del lavoro “tradizionale”, furono molto scioccati e perplessi. I miei genitori però mi hanno sempre lasciata libera di scegliere, ponendomi di fronte alle responsabilità delle mie scelte ed accompagnandomi nelle decisioni prese senza mai interferire. Oggi mi seguono sempre, sono felici e, spero, orgogliosi.
È stata una decisione che ti è costata molti sacrifici?
In realtà i sacrifici sono arrivati col tempo. All’epoca non mi rendevo conto della fatica e delle cose a cui avrei dovuto saper rinunciare o comunque alla rigida “disciplina” che mi sarei dovuta imporre. È sempre così credo; da ragazzi ci si lancia nelle nuove avventure con un po’ di sana incoscienza, quando poi però aumentano gli impegni e la responsabilità di fare bene è solo tua e ci sono persone che credono ed investono su di te, allora la prospettiva cambia e il senso del dovere, unito a quello del sacrificio, crescono.
Sappiamo che sei nata in Calabria: dove di preciso?
Sono nata in un paesino della provincia di Reggio Calabria. La vera “punta” dello Stivale!
Sei legata alla tua terra?
La mia è una terra difficile, una terra affascinante ma di un fascino “selvaggio”, primordiale, potente. È una terra che, a primo impatto, trae in inganno sembrando arida e poco incline all’accoglienza. È invece un territorio che mi ha dato tanto, un’energia ed un “motore” inesauribili; ancora oggi, quando gli impegni lo consentono, torno nel mio paesino per ricaricarmi di quella forza motrice che solo lì riesco ad avvertire così fortemente.
Dopo gli anni di formazione accademica, quali sono stati i passi fondamentali che ti hanno portato ai primi impegni professionali? E chi ti ha consigliato nel fare queste prime esperienze?
Posso dire che certamente la Scuola dell’Opera di Bologna e il Programma “Eos” del Teatro Carlo Felice di Genova sono stati per me delle tappe fondamentali. In quei contesti di formazione sono riuscita a salire per la prima volta sul palcoscenico, ho provato l’ebbrezza ed il terrore dell’esibizione davanti al pubblico, la fatica delle prove, le prime frustrazioni e le prime grandi emozioni.
Hai avuto un insegnante che più di altri ha contribuito alla tua formazione tecnica?
Certamente. Io devo tutto alla mia insegnante, Donata D’Annunzio Lombardi. E non solo le devo la consapevolezza tecnica nel canto ma anche la passione con cui mi ha sempre seguito e supportato in ogni passo della mia carriera. Auguro davvero ad ogni giovane cantante di avere una insegnante come lei. Presente, discreta, appassionata, consapevole.
Nel giro di pochissimi anni sei passata da Musetta ad Aida. Ci racconti come è avvenuta questa evoluzione? È frutto di tue sensazioni personali oppure c’è qualcuno che ti consiglia e di cui ti fidi ovviamente molto?
La mia voce è sempre stata un pochino “strana”; ho facilità nel registro acuto e sovracuto ma i centri non sono mai stati da soprano “leggero” o di coloratura; anzi… proprio la coloratura devo ogni giorno tenerla allenata.
Io mi definirei un soprano lirico ed affronto sempre tutti i ruoli con la mia voce, cercando di non farmi mai troppo trascinare dalle tradizioni o dagli ascolti e rimanendo sempre fedele alla mia natura. La mia Musetta, come la mia Violetta sono state affrontate con questa impostazione.
Per rimanere legati alla domanda precedente: qual è il tuo approccio nell’inserire un nuovo ruolo in repertorio?
Prima di tutto cerco di darmi tempo. Tutti i debutti finora affrontati sono stati preparati con largo, larghissimo anticipo. Per studiare Trovatore, Aida o Cio Cio San ho impiegato circa un anno e mezzo. Adesso sto già studiando Francesca da Rimini che canterò nel settembre 2020.
Il tempo per studiare è per me fondamentale.
Ho capito con un po’ di “saggezza” che la cosa più importante in assoluto è sempre arrivare musicalmente preparatissima. Questo per due ragioni: la prima è il rispetto che si deve ai colleghi, al direttore d’orchestra ed al regista; la seconda è che solo avendo un ruolo perfettamente a fuoco se ne può serenamente cercare un’interpretazione e personalizzarlo.
Vediamo che nel corso degli ultimi due anni hai affrontato diversi ruoli, taluni appartenenti a repertori diversi. Ad esempio, ruoli da lirico come Liù e Micaela ed altri, vocalmente più drammatici, come Aida e Butterfly. Quali le ragioni? Forse perché è necessario sperimentare, soprattutto sul palcoscenico, prima di darsi delle risposte che possono risultare definitive?
Come ho detto, credo che siano ruoli differenti solo se affrontati cercando di piegare la propria natura vocale. Io non cerco questo. Canto Liù con la stessa impostazione con cui affronto Leonora o Aida. La voce non deve modificarsi a seconda del ruolo, l’interpretazione e la predisposizione si, ma la voce no. Di solito poi cerco sempre di debuttare un ruolo e lasciarlo stare per qualche tempo; nel piccolo cassetto della “memoria muscolare e della voce”. Lì matura, si sedimenta, trova il suo spazio; quando lo riaffronto, dopo diversi mesi o addirittura anni, è pronto che mi aspetta con delle nuove consapevolezze e sicurezze.
Come vivi le ore ed i momenti precedenti l'entrata in scena?
Cerco di rimanere tranquilla. Di concentrarmi sul ruolo, sulla musica e inganno il tempo chattando al cellulare con amici o familiari.
Scrutando i successi ottenuti nelle passate stagioni e dando un’occhiata ai tuoi impegni futuri ci vien da pensare che con il ruolo di Aida ti trovi decisamente bene. Che ne pensi?
Aida è senz’altro uno dei miei ruoli preferiti!
È un ruolo estremamente impegnativo per la durata e per la difficoltà della musica che va cantata. È però un ruolo molto lirico credo; certo ci sono dei passaggi decisamente più temperamentosi e di maggiore “fuoco” ma cerco di non perdere mai la linea della purezza e del legato; pagine “infuocate” come i duetti con Amneris e con Amonasro hanno dei momenti di una dolcezza unica e di un lirismo sfumato ed onirico. Cerco di dare valore e risalto proprio a quelli lasciando che il fuoco passi ma non mi bruci!!
E con gli aspetti scenici e registici che rapporto hai?
Devo dire che l’aspetto registico ho imparato a gestirlo. È’ forse la parte più “complessa” di uno spettacolo. Ho avuto la fortuna di lavorare con grandi registi e mi hanno aiutato, con grande pazienza, a vincere la mia goffagine e un certo senso di smarrimento che mi investivano.
È una scuola il palcoscenico. Una scuola che si rinnova e che ti dà lezioni ad ogni nuova produzione. La mia predisposizione è sempre quella di imparare. Imparare a fare bene, imparare a fare meglio della volta precedente.
Dal prossimo mese di ottobre, con il ruolo di Mimì che dovrai interpretare a Modena inizierà un anno che ti vedrà impegnata su prestigiosi palcoscenici nazionali ed internazionali. Ci fai una panoramica di questi tuoi prossimi appuntamenti magari raccontandoci i debutti in altri tre nuovi difficili ruoli?
La prossima stagione sarà entusiasmante ed impegnativa! Mimì e Aida sono ruoli che riprendo sempre con grandissima gioia e sarà meraviglioso tornare a cantare nel Circuito di Opera Lombardia (uno di quelli che mi ha visto “nascere”) e debuttare a Modena e a Piacenza.
I miei debutti saranno Amelia nel Ballo in maschera, ruolo meraviglioso che, come detto, affronterò con serenità e cantandolo con la mia voce, senza artifici e senza cercare effetti da “orchi” che nella scrittura verdiana non ci sono.
Manon Lescaut sarà un altro debutto che studio da moltissimo tempo e che affronterò in seconda compagnia di una meravigliosa collega che adoro e da cui cercherò di capire e metabolizzare tantissime sfumature arricchendo così il mio bagaglio di esperienza.
Francesca da Rimini, in forma concertante, a Tokyo è già in preparazione. Ho il privilegio di poterla studiare con la mia Maestra che è anche una discendente di colui che ispirò Zandonai ed il suo librettista. È un lavoro molto intenso ed interessante su un ruolo che gioca molto sulla parola, sull’accento, sulla didascalia di un personaggio ricco di fascino e di pathos.
Tante sfide insomma. Tante sfide da affrontare a testa bassa e con duro lavoro!
Quali sono i tuoi sogni nel cassetto?
Io vorrei cercare di proseguire questa carriera con la semplicità e la dedizione con cui finora l’ho affrontata. Vorrei riuscire a vincere i miei limiti ed a trasformarli in certezze.
Vorrei svegliarmi tra molti anni con la consapevolezza che ho fatto tutto al massimo delle mie forze e delle mie potenzialità, senza avere rimpianti. Ecco. Questo sarebbe già un bellissimo sogno realizzato.
Per il percorso di carriera sin qui effettuato c’è qualcuno che, più di altri, ti aiutato e verso cui sei particolarmente riconoscente?
La mia vita professionale non sarebbe nulla se non ci fossero state alcune persone che hanno creduto in me fortemente, forse più di quanto io stessa mi considerassi all’altezza.
Ci sono dei Direttori d’Orchestra che mi hanno spronata, sgridata, aiutata, motivata.
Ci sono dei registi che mi hanno sopportata e valorizzata.
Ci sono i Direttori Artistici che mi hanno dato occasioni fondamentali per la mia carriera e che ancora oggi mi seguono con affetto e attenzione.
Poi c’è senz’altro il mio Agente che è per me un angelo custode.
Hai qualche riferimento tra i soprani del passato?
Adoro la Caballè, la Freni, la Tebaldi. Tutte cantanti di una “purezza” di suono unica.
Inoltre ho avuto la fortuna di conoscere e di stare a strettissimo contatto con Daniela Dessì, meravigliosa Artista che ha lasciato nella nostra memoria e nel nostro cuore momenti di pura magia.
Vivi ancora in Calabria oppure i tuoi impegni ti hanno portata a mettere radici da qualche altra parte?
Oggi vivo a Bologna, città che amo moltissimo… l’unica cosa che mi manca davvero è il mare
Come passi il tuo tempo libero?
Quando lavoro, nei giorni o nelle ore libere, adoro conoscere le città in cui mi trovo.
È uno dei grandissimi privilegi del nostro mestiere: conoscere il mondo, nuove città, nuovi profumi e sapori; è una scoperta ogni volta entusiasmante! Se invece sono a casa mi piace stare a riposo, studiare, incontrare gli amici e farmi coccolare dalle persone a me più care.
In vista dei tuoi prossimi impegni ti facciamo un grosso in bocca al lupo
Crepi il lupo e grazie a voi! Un saluto a tutti i lettori di OperaClick... ci vediamo a teatro!
Danilo Boaretto